Andrea Dessardo
Andrea Dessardo
Io sogno d’annegar tra i flutti
qual nuovo San Giusto patrono,
sparire sul fondo rapito
nel trepido Mar Adriatico.
In un dì di bora, se posso,
col molo schizzato di sale,
sicché la mia voce sognante
sia grido d’ambigua sirena.
Magari un gabbiano pietoso
col becco suo forte mi trae
sul mare e su piazza Unità,
volando mi vada a poggiare
al nido suo d’aspra salsedine.
Siccome la vampa ho portato
del fuoco per chi mi conosce,
sacrilego venga punito
avvinto alla bianca Lanterna
col petto bruciante straziato,
Prometeo più ingenuo e moderno.
Rimane la mia terra immota
e muta e smarrita del Carso:
le pietre sue tirami addosso,
col labbro spezzato io beva
il dolce del vento ed il sale,
la brace del sangue che sgorga.
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