DIALOGO CON UNO SCONOSCIUTO di Teresa Galliano
DIALOGO CON UNO SCONOSCIUTO
Di Teresa Gargano
I Premio Sezione Teatro
VIII edizione
Un’attrice più giovane ed una più anziana, molto somiglianti, rappresentano madre e figlia. Entrambe si guardano ad uno specchio grande. Si truccano. Al di là dello specchio sono riflesse le immagini delle due donne, rappresentate da altre due attrici. La donna più matura si riflette nella donna più giovane e quella più giovane nella quarta attrice più matura. E’ come se fosse avvenuto uno scambio tra le immagini riflesse sullo specchio per cui la madre vede riflessa l’immagine della figlia al posto della propria e viceversa. Lo specchio è posizionato frontalmente rispetto allo spettatore, le attrici protagoniste appaiono di schiena, mentre le immagini riflesse e spaiate si vedono chiaramente. Sono loro a muovere le labbra, ma le voci provengono dalle altre attrici. La voce non corrisponde all’immagine che vede lo spettatore. La donna giovane avrà una voce più grave e matura di quella più anziana e viceversa. Per tutto il dialogo non si guardano in faccia, ma continuano a rimanere di schiena fissando il proprio alter ego.
Figlia– Ti sta bene questa nuova tonalità di rossetto, mamma
Madre– Vuoi provarla? (offrendo il rossetto con un gesto rapido, ma senza staccare gli occhi dallo specchio)…
Vedo che hai messo i jeans che ti ho regalato. Somigliano a quelli che avevo io da ragazza
Figlia -Sì Mami, sembrano quelli che indossi in quella foto che ho visto nel tuo diario.
Madre-Ah… te la ricordi ancora? Chissà che fine ha fatto!
Figlia -L’ho presa io (distrattamente sempre senza spostare lo sguardo dallo specchio)
Sì, dai, passami il rossetto. (rapido passaggio di consegna)
Madre-Stendilo più centrale, rischi di metterlo fuori.
Perché hai preso la foto?
FIGLIA -L’ho messa nel mio diario, a fianco a quella che mi hanno fatto durante la manifestazione
Madre– Ah, quella che mi avevi fatto vedere?
FIGLIA -Sì mamma, le ho messe l’una accanto all’altra perché siamo uguali.
Madre-Beh, hai i miei occhi (passandosi il rimmel sulle ciglia e indugiando sull’immagine davanti a lei, che in realtà è quella della figlia)
FIGLIA –E’ vero (dando una rapida occhiata di confronto alle due immagini riflesse)
Madre-Quando ho incontrato il prof. Boldini mi ha detto che è impressionante quanto ci somigliamo
FIGLIA -Sì me lo dice sempre che sono uguale a te, a volte mi chiama con il tuo nome e ride da solo; non capisco cosa ci sia da ridere, ma quello è un po’ matto
Madre -Sì è un po’ matto, l’ho sempre pensato anch’io, non era molto diverso da giovane
FIGLIA – Neanche tu mamma, in fondo non siamo tanto diverse
Madre–Grazie tesoro, ma non sono ancora cieca, le vedo le rughe sotto i miei occhi!
FIGLIA – Ma no mamma, le vedi solo tu, io non le vedo affatto
Madre- Per forza stai guardando il tuo di volto
Figlia – No mamma, stavo guardando te, almeno credo. E’ facile confondersi
Madre- Come fa il prof?
Figlia -(risata un po’ forzata) Lui lo fa di proposito e poi ride, ma una volta che era distratto continuava a chiamarmi Margherita, mi ha persino interrogata continuando a chiamarmi così.
Madre- Ma tu non glielo hai detto, non se n’è accorto?
Figlia- Non ho detto niente. Non so perché, anche tutti gli altri non hanno detto niente, non ci ha fatto caso nessuno, e dopo un po’ quasi non ci facevo caso nemmeno io. Forse non mi dispiaceva essere te.
Madre- Ti assicuro che non è affatto divertente essere in me, affatto divertente.
Figlia- Non è stato divertente, ma forse rassicurante… non so. So solo che non ho rotto quello strano incantesimo.
Dici che mi stanno bene questi orecchini? non sono un po’ kitsch?
Madre- Ma no dai! Un po’ retrò, ma non sono male.
Ne avevo un paio simile, ma non ricordo dove li ho messi.
Figlia- Non ti ricordi perché sono questi! Li ho trovati io in un cassetto della credenza.
Madre- Ecco perché mi erano così familiari! Te ne sei appropriata eh?
Figlia- Se li vuoi te li restituisco
Madre– No tienili pure, non li usavo da una vita, non mi ricordavo neppure della loro esistenza…
Figlia- meglio così, trovo che siano belli, prima ero dubbiosa, ma adesso li trovo belli, evocativi; (girando la testa un po’ verso destra e poi verso sinistra)
Madre- Metti i capelli un po’ più indietro, così stai meglio, risaltano anche di più gli orecchini
Figlia- Forse dovrei cambiare colore dei capelli
Madre- Ma cosa dici, sono così belli! Le persone si tingono per avere un biondo così!
Figlia- Sì ma io sono stanca di essere bionda, forse voglio cambiare
Madre- No dai, non pensarci più, stai benissimo così
Figlia- Sì, ma voglio cambiare, forse con una tonalità più scura, un castano ramato o qualcosa di simile…
Madre- Ma no, la mia testolina bionda come la sua mamma!
Figlia- Appunto, forse è ora che mi distingua un po’ da te!
Madre- Perché ? hai detto che non ti dispiaceva essere me!
Figlia- Ho detto che mi rassicurava, ma non mi divertiva. Forse mi piaceva il fatto di non dover prendere una posizione, di non dover creare un nuovo personaggio, di continuare a portarne avanti uno già noto… almeno già notoal prof. Boldini!
Madre- Ma è poi così importante questo Boldini?! Ma cosa ti interessa di lui!!!
Figlia- Non è questione di Boldini o di qualcun altro. E’ solo che voglio cambiare. Che male c’è? Ha ragione a ridere quando mi chiama Margherita, è ridicolo, proprio ridicolo essere qualcuno che non si è.
Madre- Ma cosa dici? tu sei tu e basta! Cosa c’entra questa storia… adesso ti fai influenzare da uno matto come lui.
Figlia- mi ha fatto pensare… (alzando i capelli con una mano, reggendoli tutti attaccati alla testa, voltando il capo di lato) mi ha fatto pensare che non è detto che io debba essere esattamente come sono, che è possibile cambiare, distinguersi, forse sono stanca di essere come sono.
O forse non voglio distinguermi affatto e non essere chiamata né Margherita, né in nessun altro modo; voglio passare inosservata, totalmente inosservata. Una delle tante, che potrebbe essere figlia di chiunque o di nessuno, anzi meglio di nessuno.
Madre- Beh, se ne fai una questione di principio, cambia pure i tuoi capelli, mi sembra che tu stia esagerando…
Figlia- Sei tu che mi vuoi a tua immagine e somiglianza
Madre- ma cosa dici… adesso stai proprio oltrepassando il limite!
FIGLIA – Perché dico quel che non hai il coraggio di ammettere? Tu vuoi che io sia te, o meglio quel che avresti voluto essere!
Madre- Oh guarda, mi basta e mi avanza la mia di vita, altro che volerne una in più, tieniti pure la tua, del colore che vuoi, con chi vuoi, non ho mai pensato di essere così invadente.
Figlia- non lo fai di proposito, ma sì, sei invadente, invadente il tuo fantasma nella nostra scuola, invadente il tuo desiderio che io ti somigli. Ma io sono diversa da te!!!
Madre- Certo che sei diversa da me, ci mancherebbe, non ho mai preteso che tu non lo fossi.
Figlia- Non lo hai preteso perché hai sempre ritenuto che fosse naturale che io seguissi in tutto e per tutto quella che era stata la tua strada, ed ecco che mi ritrovo ad avere un professore che mi chiama con il tuo nome per tutta la lezione senza rendersene minimamente conto.
Madre- Ma cosa stai dicendo… adesso è colpa mia se il Boldini è completamente andato?
Figlia- Hai rubato un’ora della mia vita, anzi quasi 2. Me le hai rubate, e non torneranno più indietro.
Madre- Caso mai ti ho dato la vita che hai, non ho rubato nulla, sono io che ne ho fatto le spese.
Figlia- Ecco cosa pensi veramente, che io ti abbia sottratto al tuo brillante futuro, e per questo pensi di avere una sorta di diritto decisionale sulla mia di vita! (In tono tra il grave e arrabbiato)
Madre- Emma stai davvero esagerando (senza staccare lo sguardo dallo specchio, facendo appena appena un gesto di esasperazione, riproposto con un impercettibile ritardo dall’alter ego)
Figlia- può darsi, mi capita di straparlare quando sono di fronte allo specchio, non so più se sto parlando con me stessa o con l’immagine riflessa su questo specchio.
Madre- Stai parlando con tua madre, non dimenticarlo.
Figlia- O forse sto parlando con l’immagine riflessa da questo specchio, l’immagine di mia madre
Madre- Se vuoi metterla così…
Figlia- Non volevo offenderti, volevo semplicemente cambiare, cominciando dal colore dei miei capelli, cominciando da questa figura che mi rimanda indietro uno sguardo ebete.
Madre- Lo sguardo che ti restituisce non è altro che il tuo
Figlia- Non ne sono più del tutto sicura, forse è lo sguardo che voi tutti vi attendete da me, forse è quello sguardo senza spessore che non spaventa nessuno.
Madre- Tu stai farneticando, chi vorresti spaventare! che discorsi sono i tuoi!
Figlia- Mamma gli sconosciuti fanno paura, io voglio diventare una sconosciuta
Madre- Cominci ad esserlo, non ti riconosco in queste parole
Figlia- Non mi riconosci perché parlo come se parlassi alla tua immagine, non a te. Allora posso dire la verità, posso dire al tuo riflesso che non sono lei, che non voglio diventarlo, perché ho il diritto di esser qualcosa d diverso.
Madre- Sei già qualcosa di diverso…
Figlia- non abbastanza
Madre- Credo che dopotutto ti donerebbe un colore più scuro!
Figlia- Lo pensi davvero?
Madre- Sì, se mi rivolgo all’immagine di mia figlia e non a mia figlia.
Figlia- Non ho voglia di scherzare
Madre- non sto scherzando
Figlia- non c’è niente da ridere, l’ho detto mille volte tra me e me quando il Boldini rideva, rideva dopo avermi chiamata Margherita
Madre- No, non c’è niente da ridere.
Figlia- Allora perché le nostre immagini ridono
Madre- Forse stanno ridendo di noi, forse ridono di te e di come stai farneticando.
Figlia- Non sto farneticando, forse è la prima volta nella mia vita che non farnetico affatto, forse è la prima volta nella mia vita che dico qualcosa di sensato.
(Nel mezzo della frase le due immagini si scambiano e la voce comincia a corrispondere all’immagine riflessa, tutto ciò approfittando di un abbassamento delle luci che si fanno più soffuse)
Anzi, mi sembra di non avere mai parlato fino a questo momento; di essere sempre stata zitta senza ribadire, senza rispondere, senza domandare. Come quando ho lasciato che il Boldini mi chiamasse Margherita.
Ma adesso le cose sono cambiate. Io sono cambiata e so che posso dire la mia.
Madre- Hai sempre avuto la libertà che volevi
Figlia- Non è questione di libertà, cosa vuoi che c’entri la libertà. Certo, avevo la libertà di parlare, di fare, di cambiare, ma non lo facevo. Mi sono sempre accontentata dell’idea rassicurante di poter uscire e andare dove volevo e con chi volevo senza dovertelo dire, ma non l’ho mai fatto. Mi hai aperto un conto in banca e mi hai detto che potevo farne quello che volevo, non ho mai speso nulla senza di te. Mi sono sempre accontentata dell’idea di poter fare un bel viaggio da sola, ma non l’ho mai messo in pratica. Ecco, sono sempre stata rincantucciata in un angolo con la tranquillità di sapere che potevo muovermi e andare dove volevo. Ma le gambe, l’anima si atrofizzano in questo conforto. Dimmi che non posso, dammi dei confini da superare, dammi una barricata da buttare giù! Se non ho nulla a cui ribellarmi non mi resta che rimanere immobile.
Madre- Non parlare così, parli così perché non sai cosa vuol dire la contestazione, quella vera. Non sai cosa vuol dire scontrarsi davvero con la propria famiglia ed essere continuamente ostacolata.
Figlia- Non lo so mamma, forse è ora che lo scopra
Madre- Non serve più ribellarsi, non serve! (Voce esasperata)
Figlia- E’ per questo che sono schiava
Madre- Ma cosa dici, schiava di che cosa?
Figlia- Schiava, serva di quel che ho di come ce l’ho, di come mi viene dato.. chi non si ribella come me è schiavo. Sono schiava della libertà, della facilità con cui posso fare della mia vita ciò che voglio. Forse è per questo che non voglio più volere nulla. Già, forse è per questo che non voglio neanche più distinguermi, ma annullarmi.
Madre- Mi spaventi
Figlia- Ti ho detto che gli sconosciuti fanno paura.
A questo punto le attrici di spalle si girano verso il pubblico e parlano loro. Appaiono molto diverse dagli alter ego, le luci prima mascheravano i dettagli.
Madre-Siamo tutti degli sconosciuti.
Figlia- Persino guardandoci allo specchio.
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