Giuseppe Sofo

Giuseppe Sofo

“La verde notte di Baghdad”

 

E’ un’altra notte verde, nuovi soli si accendono nel cielo di Baghdad.

Un attimo dopo il boato l’evento della creazione, e luce fu e buio sarà.

Luci che si accendono e si spengono, come chi urla sotto il loro palmo;

colonne di fumo che si levano aldilà di ogni più atroce pensiero;

oltre i migliori spettacoli naturali, queste luci di uomo che diventa Dio

il più bell’effetto speciale della mia vita (come Hollywood non avrebbe potuto),

la più brutta verità della loro: la paura.

Sono eccitato dai loro colpi, indignato dal mio sguardo inutile.

Ma è questa la Democrazia? Sarà questa la libertà?

Liberté, Egalité, Fraternité : chi perse la vita a Parigi

non sapeva chi avrebbe usato le sue parole, chi avrebbe abusato dei suoi

ideali.

La verde notte di Baghdad è illuminata dai nostri errori;

porta alla luce la grandeur di quest’Occidente tanto piccolo.

Sotto i colpi di un Cespuglio bruciato, del suo cagnolino fedele

e di un De La Vega improvvisato, sotto la loro libertà scoppian di salute.

Peccato che la salute non sia la loro, che non lo sia mai stata, né lo sarà.

La città vive questa notte a giorno, non una luce spenta, non una candela.

A pregare il loro Dio per l’infedele, perché lo uccida, perché non esista:

perché i nuovi mori ne han subite troppe, perché la tratta degli schiavi non è

finita,

semplicemente si evita di importarli.

Come potete indurmi alla vergogna?

All’atroce imbarazzo della memoria, che mi riporterà immagini spettacolari;

perché è stato uno show, non libertà.

E’ stata una dimostrazione di potenza, non certo di giustizia o di compassione.

E intanto la verde notte di Baghdad.

E’ una bellissima città, Dio dei loro cuori, ma il mondo ha deciso di

distruggerla.

E’ una città favolosa, Dio delle loro anime, ma l’odio ne brucia la storia ed i

ricordi.

E’ una città in catene, Dio dei loro corpi, ma non hanno la forza di liberarsene.

Perché deve governare l’odio, loro Dio?

Perché non limitare le vittime del massacro e non sceglierle tra chi ha sete di

sangue.

Ne hanno bevuto già abbastanza queste belve umane che hai creato;

togli loro il potere di sputare parole insulse.

Togli loro la voglia di alzarsi la mattina; mostragli gli occhi in lacrime dei loro

figli.

Questo ti chiederei se ne ricavassi pace, tranquillità, ma sarebbe solo nuovo

dolore.

Non ti chiedo dunque i loro corpi ma se puoi purificane le anime;

versa acqua tra quei cuori scuri e bagna ferite e colpe sempre nuove.

Non ti chiedo vita nuova ma il cielo vecchio;

se non puoi strappare il futuro dalle nostre mani

che uccidono il silenzio, come lo scozzese il sonno,

torna a far brillare stelle che non si spengono;

Non permettere che siano sostituite dalle nostre.

Abbiamo ucciso il sonno, non ce lo perdoneremo.

Il sonno della Madre Terra si rifarà su di noi,

come in una tragedia, ancora una volta d’un inglese

e del suo fido padrone, le nostre mani saranno rosse.

Come potrete lavarne le macchie, quando Sua Maestà non ci riuscì?

Le sue notti tormentate la tradirono, chi tradirà la vostra ignoranza?

Ora vi saluto e vi ringrazio, Masters of War; vi lascio al vostro Risiko

sproporzionato

e vi chiedo di ricordarvi, nella vostra stanza, il cielo della verde notte di

Baghdad.

22/03/03 – 20.30

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