Emanuele Pagone

Emanuele Pagone

“Atonement”

Non dimentico.

M’inerpico su questa collina,

mi sono affilato le unghie

i miei denti sono forti,

pronto per la caccia.

Non dimentico. Finalmente riassaporo l’odore

della mia libertà,

selvaggia

finalmente sulle tracce

della mia preda,

libero.

Non dimentico.

Stanno già riprovando

a portarmi nella loro

fottuta gabbia

acciaio, semiconduttori, siringhe.

Non dimentico.

Stavolta seguirò la strada giusta

con la testa china,

col cervello acceso:

sulle papille

ho già il sapore

del sangue.

“Gabbia di fuoco”

Ho voglia di piangere,

guardare indietro,

nel vuoto che ho generato.

E piangere,

gridare,

fino a consumarmi la gola,

schiacciare,

la mia disperazione

sull’aria gelida immobile.

Vorrei poter correre

per infrangermi chiassosamente,

dolorosamente,

contro questo muro

e lasciare su di lui una firma

selvaggia,

rossa di sangue.

Devo scappare, ma

sono tumulato nella tristezza

di queste pareti maligne,

che mi drogano

del loro biancume.

Ho voglia di piangere:

è ciò che mi resta.

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