Simone Fagioli
Ricomincio a camminare
lungo strade di campagna dimenticate
e rialzo lo sguardo verso il cielo,
terso e nebbioso insieme,
nella mia Umbria, terra antica,
nell’Umbria quasi sconosciuta
di foreste, ginestre e colline avare.
Ricomincio a respirare
aria fresca di mondi ormai perduti,
e riprendo al volo i miei pensieri
persi dietro a teorie e filosofie
che non hanno più orizzonti di senso
ma solo il ricordo del loro ieri.
Il mio pensiero va
sull’amore che non ho,
il mio pensiero, fermo, sta
a guardare del panorama la sua fissità:
il mio pensiero non è più qua.
Continuo a camminare
tra i versi di grilli e di cicale,
ritmando il mio passo
al suono del loro parlare,
nascosti tra erba e fiori
e sotto l’erba medica appena secca
ora diventata fieno da mangiare.
Il solito pensiero va
libero sui ricordi del passato,
si perde fra donne e occasioni perdute:
la mia vita è un vestito di illusioni cadute.
Continuo a respirare
aria semplice e pulita di tramontana,
mangio bacche e more maturate al sole,
raccolgo violette, margherite e papaveri,
asciugo funghi e tartufi al sole,
corro tra erba secca e per sempre sfiorita,
ho poco più che niente ma sono felice
e rido di come vivrei in una metropoli.
Continuo e non voglio smettere
anche sotto la pioggia o sopra la neve,
e intanto il seme diventa atto,
il nocciolo diventa pesco, il pomodoro rosso,
verde l’insalata e bianca una nuvola sopra
a tutto questo mio vivere.
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