2013, II premio Sezione Teatrale: Un luogo irraggiungibile, di Anja Mugerli

Se dovessi scegliere tra l’amore e il futuro … quale sceglieresti?

 

Persone: Lui e Lei

Luogo: una caffetteria nel mondo senza futuro

Tempo: inizio dell’inverno

In città, nel tardo pomeriggio. All’angolo della strada, di fronte alla caffetteria, un mendicante sta suonando la chitarra. Accanto a lui c’è un cane, sembra addormentato. La gente sta correndo a casa, le donne con le borse pesanti, gli uomini con i volti inespressivi. Le persone si stanno sistemando le sciarpe e chiudendo i bottoni sui cappotti vecchi, sta per arrivare un lungo inverno. Lui entra nella caffetteria. Getta casualmente una moneta al medicante. La caffetteria è quasi vuota, i tavoli sono sporchi, sul pavimento ci sono bustine di zucchero. Lui si toglie il cappello di lana e si siede al tavolo vicino alla finestra. Lui sta aspettando Lei. Non si sono visti per due anni. Lui agitato si strofina le mani fredde contro i pantaloni per riscaldarle, e guarda oltre la finestra. Entra Lei e raggiunge il tavolo.

Lui (si alza a metà e sposta la sedia): Salve! Siedi, siediti.

Lei si sistema il vestito e appoggia la borsetta sulla sedia. Lui s’inclina verso di lei e la abbraccia un po’ imbarazzato.

Lui: Quanto tempo. Sei bellissima. Se ti avessi incontrata per strada, non ti avrei riconosciuta. No, è una bugia. Il tuo sorriso lo riconoscerei ovunque.

Lei: Anche tu non sembri male. Ti sei tagliato i capelli.

Lei tocca i suoi capelli con la mano.

Lui: Me li taglio da solo già da un anno. Prima davanti, poi ai lati e alla fine dietro. Se potessi li lascerei crescere. Non sono mai uguali.

Lei: Fammi vedere.

Lui si gira.

Lei: Mi piace. Sembra moderno. Un mio collega ha un taglio simile.

Lui: Com’è ?

Lei: Nell’ufficio? C’è molto da fare. Però il lavoro lo adoro. Abbiamo appena iniziato un nuovo progetto. E con i colleghi facciamo un grande team.

Lui: Non mi riferivo all’ufficio. Ti ho chiesto, com’è .

A Lei scompare il sorriso dalla faccia. Si gira verso il bar per cercare la cameriera, ma il suo sguardo non la trova. 

Lui: Che cosa fai ancora di bello? A parte il lavoro. Stai disegnando ancora?

Lei (di nuovo più rilassata): Ancora. Avevo una mostra l’anno scorso. È venuto un mucchio di persone. Hanno perfino comprato alcuni disegni.

Lui: Ti ricordi quando hai disegnato il nostro gatto?

Lei (con il sorriso): Non voleva stare fermo. Dovevo aspettare che si addormentasse. Come sta? Ho tanta voglia di vederlo ancora una volta.

Lui: È morto l’anno scorso. Aveva bisogno di un’operazione, però io non avevo abbastanza soldi. L’hanno anestetizzato.

Lei si gira di nuovo verso il bar. La cameriera non si vede da nessuna parte.

Lui: Non hai idea di quanto abbia aspettato questo momento. Quando mi hai chiamato, non ho dormito per due giorni. Ho trovato i tuoi disegni e li ho guardati tutta la notte. Poi ho ripreso il nostro album con le fotografie di quando siamo stati a Grecia ancora prima che questo mondo divenne senza futuro. Ti ricordi di quel matrimonio che abbiamo visto sulla spiaggia? Tutti erano scalzi e la sposa aveva un abito lungo e bianco. Ti dissi che a casa ti avrei comprato un vestito uguale, e che saremmo ritornati a sposarci lì su quella spiaggia, al tramonto. Però al nostro ritorno tutto era cambiato.

Lei: Fermati, ti prego! Non sono venuta per parlare del passato. Fa troppo male.

Lui: E perché volevi vedermi allora? Ogni giorno in questi due anni ho pensato a te. Ogni mattina guardo il tuo cactus e penso a te. A pranzo mi siedo sulla tua poltrona e penso a te. Di sera stringo il tuo cuscino e penso –.

Lei: Basta, per favore!

Lui: Non mi hai ancora detto com’è .

Lei: Neanche per me è passato un giorno senza pensare a te. Neanche un maledetto giorno! Lo vuoi sapere perché desideravo vederti? Perché non posso dimenticarti. Perché non posso andare a letto con nessun altro uomo. Quando mi tocca qualcuno, non mi eccito nemmeno, anzi mi ripugna. Voglio poter rimanere su quella spiaggia in Grecia per sempre, non ritornare mai, e mai ricevere quella lettera.

Lui: Però siamo tornati. Abbiamo svuotato le valigie, appeso le tue gonne e i miei pantaloni nell’armadio, gettato i vestiti sporchi nella lavatrice, ci siamo preparati da mangiare e dopo cena abbiamo fatto l’amore. E la mattina seguente tutto è cambiato. E dopo un anno hai ricevuto la lettera.

Lei: So cosa stai per dirmi ora. Mi dirai che ho dovuto scegliere: te o il futuro. E che ho scelto il mio futuro. Hai aspettato solo questo per due anni?

Lei prende la borsetta e si rimette il cappotto.

Lui (la afferra per la mano): Aspettavo l’opportunità per riportarti a casa, per andare con le mie mani tra i tuoi capelli, per baciarti sul collo. Aspettavo di sdraiarmi sul letto con te vicina, così vicina da poter sentire il tuo odore, e di addormentarmi tranquillamente, di nuovo. Aspettavo di mostrarti com’è cresciuto il tuo cactus perché non ho nient’altro da mostrarti, giacché tutto il resto è rimasto lo stesso. Qui le cose rimangono le stesse, o muoiono. Solo le piante crescono.

Lei: Possiamo fare tutto quello che vuoi. Però non rinfacciarmelo. Questo lo faccio già da sola ogni giorno.

Lui: Dopo due anni ti desidero ancora, ma non posso averti. Voglio che tu capisca questo. Tu hai il futuro. A me che cosa resta?

Lei: Però io sono quella che ha dovuto fare la scelta! Ogni notte guardavo come dormivi mentre piangevo disperatamente. Il mondo senza di te, senza la tua voce, senza le tue mani sembrava surreale. Però, quando l’oscurità svaniva, mi rendevo conto di meritare il futuro. Ho lavorato sodo per questo! Alla luce tutto diventava tangibile.

Lui: Anch’io ho lavorato sodo per questo. Anch’io ho sofferto. Quando prendevi i tuoi vestiti dal nostro armadio. Quando mi chiedevi quali libri lasci a me e quali prendi con te. Quando mi dicesti che il cactus me lo lasciavi, volevo sbatterlo fuori dalla finestra insieme ai tuoi e ai miei libri, e con tutta la nostra vita. Invece ti ho aiutato impaccare i libri. Ti ho portato i bagagli giù per le scale. Ho chiuso la porta del taxi dietro di te. Ti ho salutata senza dire niente, guardando in silenzio il taxi sparire. L’unica cosa che voglio è che tu capisca che io sono rimasto qui. Ho bisogno di questo.

Lui e Lei si guardano in silenzio. Da fuori si sente la chitarra.

Lei: Tu che cosa faresti se fossi al posto mio?

Lui (si allontana): Non chiedermi questo.

Lei: Rispondimi.

Lui (fa no con la testa): Puoi chiedermi con quante donne sono andato a letto in questi due anni, o cosa faccio quando non posso dormire di notte, o quante volte volevo ammazzarmi, solo quello non puoi chiedermi.

Lei: Mentre me ne andavo, dicesti che mi capivi. Che mi amavi. E che non me lo avresti rinfacciato mai. Maledizione! Certo che posso chiederti cosa faresti se fossi al mio posto!

Lui: Sei sicura di volerlo sapere? Va bene. Tu dimmi com’è , ed io ti dirò cosa farei.

Lei: Perché vuoi farti ancora più male? Perché vuoi sapere com’è in un posto dove non potrai mai andare?

Lui: Perché dovrei esserci io lì, cazzo!

Il mendicante fuori di colpo smette di suonare. Il mondo tace.

Lei (dopo un po’): Che cosa vuoi dire?

Lui: Ricevetti la lettera per primo. Non dormii per tutta la notte. Rileggevo la lettera ancora e ancora. La lettera del mio futuro. E accanto a me c’eri tu. Dormivi come un angelo. Lì c’era il tuo cactus, i tuoi vestiti con l’odore di noce di cocco, e i tuoi libri, sempre sparsi per l’appartamento. Al mattino, quando il sole era già sorto, salii e mandai il mio rifiuto. Scelsi te perché tu eri l’unica cosa tangibile nella mia vita.

Lei si copre la bocca con la mano e lo guarda con gli occhi spalancati, stordita. Poi si allunga verso di lui, ma Lui si alza e si rimette il cappello.

Lui: Hai ragione. Perché farmi male? Non potrò mai andare .

Va alla porta e afferra la maniglia. Si gira verso di lei.

Lui: Domani ti manderò il cactus. Le cose che crescono devono essere in un luogo dove c’è il futuro, e non in un luogo dove tutto rimane lo stesso. Buona fortuna.

Lui se ne va. Lei rimane seduta, con la mano sulla bocca aperta.

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