Io ho un sogno

Io ho un sogno

Farsi “ospiti” di uno spazio che si è autodefinito per aprire i propri confini.

Gabriella Valera

“Io ho un sogno”

Mostra fotografica degli scatti inviati dai poeti del Concorso Internazionale di Poesia E Teatro Castello di Duino XV edizione, commentati con i loro stessi versi.

A cura di Gabriella Valera

E’ parola che attende l’immagine, è l’immagine che attende la parola.

La sostanza del sogno si libra e si estende fra la visione e la sua realizzazione nello spazio creato dalla poesia, spazio/tempo  in cui trova dimora l’autore, il “visitatore”, vorremmo quasi dire l’”ospite” includebdo in questa parola sia il lettore di un testo, sia l’ascoltatore della sua performance, sia l’osservatore dell’immagine mostrata o rappresentata.

Da questa premessa (un momento di riflessione su ciò che gustiamo quando allestiamo una mostra, la presentiamo o la visitiamo) possiamo partire per capire per gustare questa mostra dedicata al sogno e alla conoscenza.

Cosa è un sogno? Si saranno domandati gli autori delle foto. E inoltre qual è il mio sogno.

Ne sono venuti degli scatti che accompagnati dalle parole dei loro versi ci dicono speranze, pensieri, memorie, qualcosa di molto intenso e personale che però può essere riacceso nello sguardo altrui in un dialogo tutto particolare.

Si comincia con due foto che potremmo mettere sotto il titolo “Retaggi”: un sogno, quello di poter continuare una eredità di sorriso e di forza in un mondo che ha tanto di negativo, e lo sguardo di una giovane donna, intenso, penetrante; e dall’altro lato uno sguardo assente e sostituito da una maschera, un uomo di spalle: un incubo e, nella parole che accompagnano la foto, un padre che toglie al figlio l’illusione del cielo.

Giocare con l’infinito potrebbe essere il titolo di un’altra sezione costituita dalle foto 3, 4 e 5. Giochi di luce, che fanno immaginare spazi, paesaggi metafisici, miraggi, e soggetti che si muovono levando lo sguardo al cielo, e lontano,immaginando gare di alfieri torri e regine fra vento e sole.

Un terzo nucleo emotivo e figurale rimanda al sogno che gioca ( o si confronta) con la realtà (sono le fotografie 6-9). Nella foto con l’orsacchiotto, come mi piace indicarla c’è lo sguardo perso, triste quasi, o meglio, pensoso di questa creatura vivente nell’obiettivo capace di dire rimpianto e speranza, mentre i versi ricordano il tempo della felicità e dei valzer. Nelle culla della pace il sogno gioca con la realtà di un paesaggio raccolto nelle sue corrispondenze, fra linee e luci. La bambina che percorre con la sua manina le vie di un modello di città sembra invitare ad accompagnarla in questo gioco che è anche il gioco della vita che cerca e prende strade dentro spazi ampi e spesso conosciuti (ma nella foto il gioco è proprio quello di vedere l’insieme e sorriderne). I versi che accompagnano la foto rivelano il ricordo di un altro tempo, di rifugi in un auto senza tetto e senza ruote, di dolore e di una follia che non ha potuto uccidere il sogno e la speranza. Nella foto 9 un monumento di corpi aggrovigliati si fa storia nella mente di chi osserva per trovare conforto nella poesia che invita a dimenticare il caos per ricordare un mitico tempo di gioventù e la sua forza.

Infine una piccola serie di foto potrebbe essere collocata sotto il titolo “Figli di una sola terra” 10-14.

Qui è la semplicità del sogno che diventa centro di un sorriso. I colori di una stupenda coda aperta di pavone (la foto con cui si conclude questa sezione della mostra, sono in realtà nel testo che accompagna l’immagine ali aperte e fiori di maggio. Questo è un sogno di bellezza: paesaggi ampi riportano al semplice ma difficile sogno di non chiedere null’altro che gioia amicizia avventura e soprattutto, come suggerisce il papavero al centro di un prato assolato, che di essere “figli della stessa terra”.

E’ stato interessante per il curatore della mostra notare che i temi e quasi le “figure” che si sono ritrovate in una mostra che aveva per titolo “io ho un sogno”, sono presenti in molte delle fotografie (circa 300) che in questi anni sono state inviate da giovani poeti di tutto il mondo. Per questo si è pensato di esporre alcune immagini in retrospettiva: “Retaggi” “Giocare con l’infinito” fra realtà e visione, fra dolore e speranza, fra incubo e bellezza,  o quell’essere figli di una terra e di un universo che non può abbandonare.

Il sogno e la conoscenza si intitola la mostra, perché il valore figurale delle immagini catturate dallo scatto porta chi guarda in una dimensione tutta da esplorare, invita a raccogliere l’eco di colori e linee, a leggere i versi senza preconcetti linguistici: invita in altri termine a farsi “ospite” di uno spazio che si è autodefinito per aprire i propri confini.

La mostra è rimasta esposta a Trieste, Sala Giubileo, Via Mazzini 4 dal  20- 31 marzo. Si ringrazia la Comunità greco-orientale di Trieste per averla ospitata e la Fondazione Ellenica di Cultura-Italia per la collaborazione.

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